#### La Vita Agra - Luciano Bianciardi (highlights)
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> **La Vita Agra** de _Luciano Bianciardi_
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Tutto sommato io darei ragione all'Adelung, perché se partiamo da un alto-tedesco Breite il passaggio a Braida è facile, e anche il resto: il dittongo che si contrae in una e apertissima, e poi la rotacizzazione della dentale intervocalica, che oggi grazie al cielo non è più un mistero per nessuno. ... Le altre ipotesi, che cioè all'origine ci sia un bassolatino Braida, o un latino classico Praedium, hanno per me interesse minore, e in quanto al significato concordano tutte, comunque. Campus vel ager suburbanus in Gallia Cisalpina. Insomma, uno slargo, uno spiazzo vicino all'abitato, un pezzo di verde intra moenia, dove si tenevano le fiere di bestiame e magari ci bazzicavano le prostitute, a notte. Ora, siccome accanto allo spiazzo nostro c'erano le case di un tal Adalgiso Guercio, la gente continuava a dire la Braida del Guercio. ... Il Tartuca non capì niente, meno che mai l'altro termine, escatocollo (suo devotissimo servitore, con osservanza, per esempio, oppure, nel caso del pontefice, prostrato al bacio del santo piede) (Page 9)
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Una nonna che aveva lasciato non soltanto la biblioteca, ma anche i talleri d'argento, come quello che mi fece vedere il Macii tornando dall'Abissinia. Chissà quante volte si era svalutata la lira, e il governo aveva cambiato zecche e conii, mentre intanto i talleri della vecchia imperatrice erano rimasti buoni, non solo per i sudditi di ras Tafari, ma anche per i nostri soldatielli, che volentieri se li portavano a casa e li custodivano gelosamente. (Page 11)
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Tutt'altra cosa, là fuori. I gradini erano larghi e comodi, tagliati per piedi cardinalizi. Ora, tante cose io invidio ai cardinali, ma più di tutto le scarpe, che sono agili di fiosso, morbide di spunterbo e larghe, sì che le dita ci stanno ben distese e slargate nelle calze di seta rossa, senza duroni, né lupinelli, né accavallamenti del terzo sul secondo dito, né unghie incarnite come succede a noialtri laici, funestati dalle punte strette e tigliose delle scarpe che fabbricano in serie non sulla forma del piede, ma sulla Füssgestalt, certi calzolari hegeliani. A scendere quello scalone capivi di aver sbagliato chissà quante scelte importanti, in vita tua; nemmeno il passo era giusto, inadeguato per via dei calzoni che dismagano l'onestà dell'incedere.
Erano scalini da scendere in tonaca, con piede posato e solenne e comodo. (Page 12)
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...la signora De Sio doveva tirare avanti coi quattrini delle camere mobiliate, che non sempre arrivavano puntuali. E non ce la faceva a tenere in ordine, perché le figliole non muovevano un dito: otto letti non sono uno scherzo, sono sedici lenzuola. Per questo la signora De Sio ce ne cambiava uno ogni quindici giorni: passava sotto quello di sopra, che si sporcava un po' meno e aggiungeva il nuovo.
Di mettere una stufa nella camera - il buco passarci il tubo c'era - io e Carlone la pregammo un paio di volte, ma non fu possibile perché, disse la signora De Sio, poi anche gli altri avrebbero voluto il caldo. (Page 20)
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Io cerco sempre la compagnia dei triestini, perché sono uomini franchi e ventilati, aperti e disponibili a influenze composite, slave, absburgiche, dalmate e veneziane. (Page 23)
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Poi Ettorino ammutoliva, vuotava il suo bicchiere, e dopo un po' attaccava a discorrere di pittura. "Tu dici che Dufy è un grande pittore. E va bene, Dufy è un grande pittore, Manet è un grande pittore, Monet è un grande pittore, Pissarro è un grande pittore, Cézanne è un grande pittore, Van Gogh è un grande pittore, Picasso è un grande pittore. Va bene, e poi? Poi cosa facciamo? Cosa faccio io? Ricominciare da più lontano, dici tu. Va bene, perché Mantegna è un grande pittore, Luini è un grande pittore, Caravaggio è un grande pittore... E poi? Poi cosa facciamo? Cosa faccio io?" E mi guardava come se la risposta io la sapessi. Invece non la sapevo e lui riattaccava: "Allora, come si diceva Fattori è un grande pittore, Lega è un grande pittore, Signorini è un grande pittore...".
E non la finiva più, triste e opaco con tutte quelle elencazioni. (Page 24)
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Non so se avete in mente l'affresco che dipinse Simone Martini al palazzo comunale di Siena, quello dove Guidoriccio da Fogliano, col suo cavallo bardato a losanghe nere e gialle, va all'assedio di Montemassi.
Ecco, proprio dove nell'affresco sta Guido, ora c'è il villaggio degli operai, un grappolo di casupole e di camerotti sparsi in disordine, senza tracciato vero e proprio di strade, secondo le ondulazioni della breve piana interrotta dai cumuli dello sterile, dagli alti tralicci dei pozzi, dagli sterrati ingombri di materiale, travi di armatura, caviglie, panchini, bozze di cemento. (Page 35)
#landscapes_of_renunciation
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Certo, loro non stavano a guardare: uno sciopero di protesta laggiù durava anche cinque mesi e se mandavano la polizia, spesso se la vedevano ritornare a casa malconcia, le gomme delle jeep squarciate e i celerotti pesti e ammaccati. (Page 37)
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Così quel baffone delle umane relazioni doveva ficcarselo bene in testa, che qui non era storia di porti fra uomo e uomo, fra operaio e dirigente e ditta, ma fra uomo, giorno e tonnellata. Lasciasse perdere García Lorca e i documenti dell'Usis e il prete di fabbrica (che oltre tutto era una spesa, perché si beccava, don Coso, il suo bravo premio di produzione, senza produrre una madonna)... (Page 38)
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In sostanza era stata una dimostrazione contro un generale americano accusato di far buttare dagli aeroplani mosche e pulci e pidocchi infetti di peste. (Page 58)
#war
_Note: Guerra di Corea (50-53)_
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Passarono sotto i portici due poliziotti col viso pallido e cattivo, in mezzo un uomo basso e atticciato, col giubbotto di pelle.
"Un operaio dev'essere," feci io.
"Sì. Bei fessi."
"Come, bei fessi?"
"Sì, non ci sanno fare. A una dimostrazione per la pace non si manda gente vestita a quel modo."
"Ma se è un operaio?"
"Si mette il vestito della domenica, l'operaio."
"Perché?"
"Vedi, se fosse una dimostrazione pei salari, allora sì che andrebbe bene il giubbotto, ma questa è per la pace, e rivolta, come propaganda, ai ceti medi. Ai ceti medi si deve dare la sensazione che a dimostrare è gente come loro, e che la polizia picchia anche gente come loro." (Page 61)
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Come il tornio e la macchina da (per, anzi, se vogliamo accettare la correzione dei venditori d'ogni livello al soldo del marchese d'Ivrea, pallidi ed efficienti come tanti valvassini) come il tornio, dicevo, come la macchina da (per) scrivere non sono beni in sé, ma mezzi e strumenti per arrivare al denaro, così il prostituirsi non è mestiere, che si ama e si pratica perché bello, ma daccapo un mezzo e uno strumento per procurarsi denaro.
Quindi il metallurgico odia il tornio, io odio la macchina, forse più dei valvassini del marchese d'Ivrea, e la prostituta odia il coito.
La riduzione di fine a mezzo, qui e altrove, aliena, integra, disintegra, spersonalizza e automatizza, e così viene fuori l'incomunicabilità, e così viene fuori l'uomo-massa e la prostituta moderna, nelle sue varie sottospecie di cortigiana, mondana, amante, ganza, mignotta, zoccola, druda, ragazza-squillo, passeggiatrice, giù giù fino alla battona, alla barbona, alla spolverona e alla merdaiola, infima categoria che annovera le pestatrici di cacche canine negli stradoni bui di periferia, a notte.
Mai puttana però, secondo vorrebbe la parola antica che indicava, quando c'era, il mestiere. Non a caso la donna innamorata, accaldata, linfante, si glorierà di quest'antica parola corporativa e ti dirà, nel momento supremo, fastigioso, quando si allentano i nessi del vivere secondo paradigma - e allora i simboli svaniscono lasciando soltanto la realtà reale - ti dirà di sentirsi puttana. (Page 66)
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Questo vuole la classe dirigente, questo vogliono sindaco, vescovo e padrone, questurino, sociologo e onorevole, vogliono non già una vita sessuale vissuta, ma il continuo stimolo del simbolo sessuale che induca a muoversi all'infinito. (Page 67)
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In latteria, a parte il vantaggio del conto aperto, non era caro e ci mangiavi alla carta, pagando il con sumato netto, senza coperto, servizio e tutte le altre bricciche che di solito mettono i ristoranti per far sa lire il totale. Lì potevi ordinare anche mezza spaghetti e basta, oppure mezza crescenza e basta, e pagaví per mezza davvero. Ci ho visto certe ragazzette d'ufficio magre magre mangiare con duecento lire a pasto, facendo a meno del vino, dell'acqua minerale e della minestra, con soltanto una porzione di lesso e una mela. (Page 82)
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E ci consigliava di non buttar via l'acqua calda, dopo il bagno, ma anzi di metterci i panni sporchi con un po' di detersivo in polvere, poi entrare nella vasca, tutti e due, e ritti in piedi pestare e pestare. È il principio della lavatrice automatica, spiegava Erich. (Page 99)
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Spesso la sera, dopo rigovernati i piatti, uscivamo a passeggio nella nebbia. Fuori non s'incontrava una persona, soltanto nel cono di luce sporca dei lampioni qualche larva imbacuccata e frettolosa che scantonava verso casa fra lo sfrecciare delle automobili nere. (Page 100)
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In altre parole, a chi scelga una professione terziaria o quartaria occorrono doti e attitudini di tipo politico. La politica, come tutti sanno, ha cessato da molto tempo di essere scienza del buon governo, ed è diventata invece arte della conquista e della conservazione del potere. Così la bontà di un uomo politico non si misura sul bene che egli riesce a fare agli altri, ma sulla rapidità con cui arriva al vertice e sul tempo che vi si mantiene. (Page 111)
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Il metodo del successo consiste in larga misura nel sollevamento della polvere. È come certe ali al gioco del calcio, in serie C, che ai margini del campo, vicino alla bandierina, dribblano se medesime sei, sette volte, e mandano in visibilio il pubblico sprovveduto. Il gol non viene, ma intanto l'ala ha svolto, come suol dirsi, larga mole di lavoro. (Page 111)
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La segretaria ideale dunque marca a zona, si sceglie un settore e lo fa diventare importante. Basta anche un settore umilissimo, anzi è meglio. Ho conosciuto una segretaria che sapeva soltanto leccare le buste e i francobolli, eppure diventò indispensabile, perché fece in modo che il pensamento e la stesura delle lettere diventassero attività sussidiarie del leccamento suo. (Page 112)
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Così firmai, lui timbrò e diede la cartella alla signorina, che la mettesse al protocollo. Allora io gli spiegai l'origine burocratico-bizantina del termine protocollo, che vuol dire primo rigo della lettera (egregio signore, esimio avvocato, chiarissimo professore, insomma la formula d'introduzione, il vocativo): donde il doppio significato italiano, registrazione della corrispondenza da un lato, cerimoniale di etichetta dall'altro. ... Il Tartuca non capì niente, meno che mai l'altro termine, escatocollo (suo devotissimo servitore, con osservanza, per esempio, oppure, nel caso del pontefice, prostrato al bacio del santo piede) ... Il Tartuca non capì niente, meno che mai l'altro termine, escatocollo (suo devotissimo servitore, con osservanza, per esempio, oppure, nel caso del pontefice, prostrato al bacio del santo piede) (Page 145)
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La rivoluzione deve cominciare da ben più lontano, deve cominciare in interiore homine.
Occorre che la gente impari a non muoversi, a non collaborare, a non produrre, a non farsi nascere bisogni nuovi, e anzi rinunziare a quelli che ha.
La rinunzia sarà graduale, iniziando coi meccanismi, che saranno aboliti tutti, dai più complicati ai più semplici, dal calcolatore elettronico allo schiaccianoci.
Tutto ciò che ruota, articola, scivola, incastra, ingrana e sollecita sarà abbandonato.
Poi eviteremo tutte le materie sintetiche, iniziando dalla cosiddetta plastica.
Quindi sarà la volta dei metalli, dalle leghe pesanti e leggere giù giù fino al semplice ferro.
Né scamperà la carta. Eliminata carta e metallo non sarà più possibile la moneta, e con essa l'economia di mercato, per fare posto a un'economia di tipo nuovo, non del baratto, ma del donativo. Ciascuno sarà ben lieto di donare al suo prossimo tutto quello che ha e cioè - considerando le cose dal punto di vista degli economisti d'oggi - quasi niente. Ma ricchissimo sarà il dono quotidiano di tutti a tutti nella valutazione nostra, nuova. (Page 163)
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Anche Vittorio, uomo mite e civile e pacioso, di poche tenui parole, appena ha in mano il volante diventa una belva, è come se si fosse chiuso in una scatola di rancore. Lui crede, perché l'ha letto, e io so dove, d'avere allargato, con l'auto, la sua cerchia di libertà oggettiva, di essere uomo libero da piazza del Duomo fino al mare della foce, e invece è lì, chiuso fra le lamiere, sordo alle tue parole, ostile al prossimo suo. Non vede il nastro del Taro lucido giù sotto Piantonia, non vede i boschi della Cisa, non vede le donne che dal margine offrono il panierino di giunco con le fragole o i lamponi. ... Gli dà noia il sole, gli dà noia la pioggia, gli dà noia il vento, e se potessero, se comandassero in tutto e per tutto loro, non ci sarebbe nemmeno più il clima, le stagioni, il tempo, ma soltanto una cupola grigia e fuligginosa sopra la città. E perché sia così costantemente operano. (Page 168)
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Il bottegone è una stanza enorme senza finestre, con le luci giallastre sempre accese a illuminare le cataste di scatole colorate. Dal soffitto cola una musica calcolata per l'effetto ipnotico, appesi al muro ci sono specchi tondi ad angolazione variabile e uno specialista, chiuso chissà dove, controlla che la gente si muova, compri e non rubi.
Entrando, ti danno un carrettino di fil di ferro, che devi riempire di merce, di prodotti. Vendono e comprano ogni cosa; gli emitori hanno la pupilla dilatata, per via dei colori, della luce, della musica calcolata, non battono più le palpebre, non ti vedono, a tratti ti sbattono il carrettino sui lombi, e con gesti da macumbati raccattano scatole dalle cataste e le lasciano cadere nell'apposito scomparto. ... Però non mi scordo che alla Svolta del Francese c'era già tutto questo, e anche di più.
Mi ricordo che il vecchio Lenzerini, al suo bottegone di Scarlino Scalo, teneva tutta questa roba e altra ancora, anche i cappelli teneva, i vasi da notte, il baccalà a mollo e i lumi a carburo. Ti preparava anche un cantuccio di pane col salame, il Lenzerini. Bastava chiederglielo, e intanto ti raccontava di quando suo nonno accompagnò Garibaldi a casa Guelfi, e lo vide riposarsi sotto il quercione, in vista di Cala Martina.
Era con lui un bel giovane, che si faceva chiamare il capitano Leggèro, ma di certo doveva essere un nome finto.
"Professore, lasci stare, pagherà quest'altr'anno."
Davanti al bottegone c'è uno spiazzo dove razzolano le galline, e niente passaggio zebrato. Qui invece è doppio e pericoloso, viale e controviale dal cancello di casa mia all'edicola dei giornali. (Page 172)
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Ma non è una passeggiata. Piuttosto è una marcia, aritmica e aggobbita, con le scarpe hegeliane che fanno male, il vento sempre in faccia quando c'è, e la pioggerella che gocciola sul collo, o il sole negli occhi, e di continuo la tensione di dover badare al traffico, anche stando sul marciapiede, perché non è raro che le macchine invadano anche la sede pedonale, e ti schiaccino. (Page 177)
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La prima mezz'ora pare che tutto funzioni: sento i polpacci che mi si fanno di piombo, le spalle che si allentano, gli omoioidei che si decontraggono, la testa che si svuota, sento che il sonno arriva come una piega di velluto nero. (Page 186)
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... sento che il sonno arriva come una piea di velluto nero. (Page 187)
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Al pasto della sera io sono meno stracanato, e perciò capita anche che con Anna si faccia qualche chiacchierata sul più e sul meno: sullo scadimento dell'istituto familiare, per esempio. Perché un tempo, e cioè quando l'economia europea era prevalentemente agricola, la famiglia aveva un senso sociale ed economico; un podere a mezzadria non lo davano a un contadino senza figli, o con pochi figli, mentre oggi il padrone della fabbrica o anche il direttore della banca, licenzia la ragazza che si sposa, segno che il matrimonio viene giudicato antieconomico. Se si sposano ancora, lo fanno per un perdurante pregiudizio feudale. (Page 191)
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